Pentecoste, col punto esclamativo!

Alla Pentecoste si può mettere il punto esclamativo!

Per giungere a tale affermazione proponiamo la riflessione di don Paolo Alliata contenuta nel suo libro “C’era come un fuoco ardente”, in particolare nel capitolo intitolato FUOCO.

A partire dal racconto “il punto esclamativo” dello scrittore Cechov, don Paolo ci presenta la figura di Perekladin, segretario di un collegio che, rientrando a casa sua la notte prima di Natale, si acciglia per le lamentele e rimproveri subiti, a causa della poca dimestichezza con le regole basilari della punteggiatura, imparate solamente da autodidatta, contrapposto alla figura di un giovanotto, colto e istruito, che esprime null’altro che disprezzo nei suoi confronti, perché non lo ritiene in grado di saper mettere le cose (punteggiatura) al posto giusto…

Un certo disprezzo l’ha vissuto anche Gesù di Nazareth, poi ricaduto sui suoi discepoli dopo i fatti della sua morte e risurrezione: nella stanza chiusa del cenacolo i discepoli sanno ormai di essere seguaci di un uomo crocifisso, umiliato in tutti i modi, di uno che forse non trova il suo posto nel mondo? Questa è la desolante percezione di Pietro e degli altri, nascosti nel cenacolo. È la confusione di chi sente di non saper più leggere nel grande libro della storia, di non avere più un linguaggio, nulla da scrivere o da dire di fronte alla comunità dei popoli. Non ci sentiamo un po’ così anche noi, a volte discepoli di Gesù nell’Occidente del ventunesimo secolo? Abbiamo ancora qualcosa di significativo da dire agli uomini e alle donne del nostro tempo? Di interessante, di nutriente?

Quello che si svela nel prosieguo del racconto è poi l’epifania che si realizza agli occhi di Perekladin, come a quelli dei discepoli. Come lingue di fuoco i segni di interpunzione che dardeggiano nel suo sonno, solleticano la fierezza dell’uomo nel saperli mettere al loro posto. Ma quando i punti di domanda si allungano in punti esclamativi lui appare in difficoltà e comincia a sentirsi a disagio. Chiede spiegazioni alla moglie che sottolinea che i punti esclamativi si collocano nelle esclamazioni e nelle espressioni di entusiasmo, di gioia o collera, e altri sentimenti… Perekladin si rende conto che in quarant’anni di servizio non ricordava solo un rigo che esprimesse qualcosa del genere. E dal mattino successivo mise punti esclamativi in ogni dove!

I primi discepoli, dopo la morte del Maestro, sono dapprima come tramortiti, rinchiusi nel silenzio, al riparo dalle insidie del mondo e dal disprezzo delle autorità. Ma ecco, inaspettatamente, sorgere dal fondo di loro un incandescente punto esclamativo. A un certo punto qualcosa accade, qualcosa sorge dal buio di quella notte del cuore e li scuote: «Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo» (At 2,2). Come le virgole infocate nel sogno di Perekladin: «Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; e tutti essi furono pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue» (At 2,3-4).

Noi stiamo sopravvivendo, si dicono i discepoli di Gesù. Ma l’esistenza è fatta per esprimersi, per espandersi. La vita è fatta per il punto esclamativo: per la fierezza, la gioia, la gratitudine e l’indignazione. Fatta per prender posizione appassionatamente. E i discepoli cominciano a sciamare fuori dal cenacolo:

Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua. Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: «Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio» (At 2,1-11).

Noi cristiani abbiamo ancora punti esclamativi da porre sulle pagine del mondo?

Fonte: don Paolo Alliata, C’era come un fuoco ardente, Ponte alle grazie 2019.