Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato

Domenica 29 settembre ricorre la giornata mondiale del migrante e del rifugiato.
Non si tratta solo di migranti: si tratta della nostra umanità
(Papa Francesco)
Ciò che spinge a fermarsi è la compassione, un sentimento che tocca le corde più sensibili della nostra umanità, provocando un’impellente spinta a “farsi prossimo” di chi vediamo in difficoltà. Gesù stesso per primo ci insegna che avere compassione significa riconoscere la sofferenza dell’altro e passare subito all’azione per lenire, curare e salvare. Avere compassione significa dare spazio alla tenerezza, che invece la società odierna tante volte ci chiede di reprimere. «Aprirsi agli altri non impoverisce, ma arricchisce, perché aiuta ad essere più umani: a riconoscersi parte attiva di un insieme più grande e a interpretare la vita come un dono per gli altri; a vedere come traguardo non i propri interessi, ma il bene dell’umanità» (Discorso nella Moschea “Heydar Aliyev”di Baku, Azerbaijan, 2 ottobre 2016).
Si tratta di tornare ad essere umani, e a maggior ragione come cristiani, possiamo prendere l’iniziativa di andare incontro alle persone, di andare a cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi (Esort. ap. Evangelii gaudium). Fare nostri questi quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare, perché, come parte della Chiesa, possiamo esprimere la nostra missione verso chi ha bisogno di essere accolto, protetto, promosso e integrato, costruendo così la città di Dio e dell’uomo insieme.
Nel Vangelo viene comunicato di amarci gli uni gli altri, come Dio ha amato. Il discepolo di Cristo è uno che accoglie le logiche spirituali divine, perché con la grazia dello spirito santo ricevuto in dono, egli può pensare e agire sull’esempio di Dio Padre. Dio infatti esige dai discepoli che incarnino un ideale di vita in cui si renda visibile l’amore del Padre su tutti gli uomini e la sua misericordia senza confini e barriere. Il discepolo non solo ama di un amore generoso per rendere visibile l’amore di Dio, ma lo fa esattamente perché già partecipa alla comunione dei figli, perché già vive di questo amore di Dio su di lui.
Se l’amore umano ha la sua fonte, il suo modello, nell’amore di Dio, deve tradursi inevitabilmente in misericordia, cioè in accoglienza, in benignità, in capacità di dar fiducia, in capacità di dar credito. Che questa giornata mondiale del rifugiato e del migrante sia occasione per tutti per recuperare quei tratti di umanità che a volte perdiamo, affinchè disponiamo i nostri giorni nell’assidua ricerca della pace, della giustizia e della libertà.
Fonte: www.liturgiagiovane.org, www.vatican.va