«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero». Terza domenica di Avvento

Mt 11,2-15

2Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò 3a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». 4Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: 5i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. 6E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

7Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? 8Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! 9Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. 10Egli è colui del quale sta scritto: Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via.

11In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. 12Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. 13Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. 14E, se volete comprendere, è lui quell’Elia che deve venire. 15Chi ha orecchi, ascolti!».

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Anche in questa terza domenica di Avvento, al centro del brano dell’evangelista Matteo troviamo la figura di Giovanni Battista. E ci facciamo guidare dal San Giovanni Battista in meditazione, dipinto da Hieronymus Bosch e oggi custodito alla Fundación Lazáro Galdiano di Madrid.

Il santo, in primo piano davanti a uno strano e ambiguo paesaggio, occupa l’intera larghezza della tavola. Avvolto in una veste rossa – che allude al suo martirio –, giace disteso con il capo mollemente appoggiato al braccio sinistro. È tutto proteso verso un piccolo agnello vicino all’osservatore, che è seminascosto da un rialzo erboso, ma che viene cercato dagli occhi del Battista che lo indica con l’indice della mano destra per affermare che è proprio lui l’Agnello di Dio, simbolo di Cristo: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!» (Gv 1,29).

Alla fine del secolo scorso, con l’aiuto della riflettografia (tecnica non invasiva che, senza danneggiare le opere, consente di rivelare gli strati sottostanti di pitture su tela, tavola o carta), si è scoperto che, accanto a Giovanni, Bosch aveva inizialmente dipinto il committente dell’opera, inginocchiato in preghiera con lo sguardo rivolto in avanti, verso il centro del dipinto. Forse era proprio a lui che il Battista stava indicando l’Agnello di Dio; o, forse, era in quel donatore scomparso che il pittore voleva visualizzare l’umanità di ogni tempo che – ancora oggi, come allora – domanda a Giovanni il Battezzatore la ragione della sua testimonianza. Ignoriamo perché quella figura sia stata, in un secondo tempo, cancellata; certo è che il pittore fiammingo ha sentito il desiderio di lasciare il Battista nella più piena solitudine, rivestendolo dei panni di un filosofo che riposa nella ricerca di quella sola sapienza capace di condurre alla verità. Il “Logos” che egli viene ad annunciare, del resto, è proprio la “Sapienza di Dio” grazie alla quale tutte le situazioni dell’esistenza – anche il male, il peccato e la croce – trovano pieno significato.

Al posto del committente Bosch ha raffigurato una pianta piuttosto grande e bizzarra, che ne segue – a grandi linee – i contorni. È un’invenzione pittorica che prende spunto dalla natura, ma i cui elementi rimangono di difficile identificazione. I suoi tre grossi frutti pieni di semi fanno pensare alla melagrana, simbolo della fertilità e dell’abbondanza della natura ma anche dell’amore misericordioso, dell’immortalità e della funzione salvifica della Chiesa. In Bosch, però, frutti e piante bizzarre hanno spesso una valenza negativa, in quanto vogliono simboleggiare il prorompente lussureggiare della natura quale metafora del peccatore che non sa controllare i propri sensi e i propri istinti.

Nel San Giovanni Battista in meditazione a ciascuno dei tre frutti è associato un volatile. In basso, sulla coltre d’erba, un primo uccello dal piumaggio grigiastro becchetta da un frutto aperto, mentre accanto a lui ne giace un secondo, irrigidito nella morte. A metà dell’altezza della pianta, un altro volatile dalle piume colorate si rifocilla a un grosso frutto bianco con accenti gialli, rossi e blu. In alto, infine, sullo sfondo del cielo, un terzo uccello (o, meglio, un quarto) sta posato su un frutto chiuso, possibile rimando ai corvi incaricati di portare, nel deserto, pane a carne a un altro profeta, Elia (cfr. 1Re 17,2-6). Una possibile interpretazione della loro presenza li vede come incarnazioni dell’anima, assumendo così che essi possano rappresentare tre stadi della condizione umana: l’uccello raffigurato in basso è in una condizione di peccato (e quello morto al suo fianco dimostra quale può essere la fine di chi vi indulge); il volatile al centro sta per cadere vittima della tentazione; quello in alto si trova in uno stato di illuminazione e vicinanza a Dio.

L’espressione del volto del Precursore è assai singolare: mesta eppure anche sorridente, quasi sorniona. E sembra quasi prendersi gioco degli osservatori del dipinto, fornendo le stesse risposte laconiche e taglienti date, nel Vangelo di Giovanni, a quei farisei che – partiti da Gerusalemme – erano andati da lui per interrogarlo circa la sua identità: «Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: “Tu, chi sei?”. Egli confessò e non negò. Confessò: “Io non sono il Cristo”. Allora gli chiesero: “Chi sei, dunque? Sei tu Elia?”. “Non lo sono”, disse. “Sei tu il profeta?”. “No”, rispose. Gli dissero allora: “Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?”. Rispose: “Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia”» (Gv 1,19-23).

Sembra proprio che Giovanni stia meditando sulla propria funzione nella storia della salvezza quale ultimo profeta che prepara la via a Cristo, e la sua posa, che a un primo sguardo potrebbe sembrare melanconica, indica invece la sua totale accettazione del piano divino. Dalle maniche del suo abito spunta una veste di crine, tipico attributo della vita ascetica.

Nella tavola di Bosch, il Battista è curiosamente dipinto nei panni di un filosofo, immerso nella bellezza di una natura che attorno a lui fiorisce rigogliosa, anche se non scevra dalla presenza del male: se da una parte, infatti, alcuni animali selvatici pascolano docili e indisturbati – tra i quali distinguiamo chiaramente un cervo (simbolo di Cristo) – e si abbeverano al placido corso d’acqua che, sulla sinistra, attraversa la valle, dall’altra il pittore brabantino ci vuole ricordare che il male e il peccato fanno parte della quotidianità, dipingendo rocce mostruose sullo sfondo e inserendo animali con valenza negativa (un orso che sta sbranando un cerbiatto e un cinghiale, simbolo del potere demoniaco che tenta l’uomo nella sua carne).

Nella sua solitudine, dunque, il Precursore appare come un uomo totalmente pacificato. È – come ci dice l’evangelista Giovanni all’inizio del suo Vangelo – il testimone di Cristo, Verbo di Dio: è «un uomo mandato da Dio» (Gv 1,6) «per dare testimonianza alla luce» (Gv 1,7); è «l’amico dello Sposo» (Gv 3,29). È colui che «proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati» (Mc 1,4), incontrando Gesù al Giordano e indicandolo ai suoi discepoli come il Maestro da seguire.

Il Vangelo di questa terza domenica di Avvento ci mostra la piena umanità del Battista. Nonostante le sue certezze, in carcere viene assalito dai dubbi: vedendo avvicinarsi il termine della sua esistenza terrena, sperimenta la paura di aver sbagliato, di aver sprecato la propria vita nell’attesa di un Messia che non è arrivato.

Ma Gesù lo tranquillizza. Il Regno di Dio è qui: e ciò che succede a ciechi, zoppi, lebbrosi, sordi, morti e poveri lo può testimoniare. E assieme alle rassicurazioni arriva la proclamazione della grandezza del Precursore, di colui che ha “preparato la via” di Cristo.

Bosch ci invita ad ascoltare il Battista il quale, in un mondo dove spesso male e violenza sembrano avere il sopravvento (come mostrato nella natura bizzarra e distorta che fa da sfondo al suo dipinto), col suo volto disteso e tranquillo ci invita con forza a fissare lo sguardo su Gesù: «Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: “Ecco l’agnello di Dio!”» (cfr. Gv 1,35-36).

È questo l’euanghelion: il Messia è potenza di amore.

Il nostro Dio è Dio di misericordia!